In viaggio per cambiare il diabete
Tutti insieme per i giovani con diabete: un approccio internazionale
Autunno-Inverno 2007
Mi chiamo Simone Donadello, ho 21 anni, vivo a Mantova e studio fisica all’Università di Trento. Fin da giovanissimo ho sempre praticato sport, in particolare la bicicletta, che mi dà grandi soddisfazioni personali, anche con la partecipazione a gare agonistiche di ciclismo e triathlon. Proprio l’attività fisica mi ha aiutato ad affrontare la diagnosi di diabete mellito di tipo 1, nel 2004. Dopo questo esordio ho conosciuto moltissime persone in giro per l’Italia e per il mondo, che mi hanno dato l’opportunità di fare il pieno di esperienze nel campo del diabete, di viaggiare, di curare la mia formazione personale, ma soprattutto di imparare a vivere serenamente insieme al diabete stesso, al di là delle quotidiane iniezioni di insulina: voglio rendermi utile anche agli altri.
Spesso chi lavora ed opera nel campo del diabete non conosce veramente il diabete stesso, o almeno non lo conosce in tutti i suoi aspetti, con le sue conseguenze pratiche nella vita delle persone. A volte si pensa al diabete come ad un semplice caso clinico da curare o da studiare, oppure viene considerato solo come un fattore burocratico, commerciale, professionale. Anche se bisogna tener conto di certe eccezioni positive che sono comunque presenti, questa percezione anomala è molto diffusa. Essa avviene in quanto normalmente gli operatori istituzionali ed aziendali del diabete non hanno a disposizione un valido contatto con le persone che il diabete lo hanno veramente, che lo vivono tutti i giorni, e che possono testimoniare tutte le piccole e grandi conseguenze che esso impone. Infatti tali implicazioni sono spesso sconosciute ed ignorate dalla maggioranza: non per negligenza o disinteresse, ma perché “manca un aggancio diretto” proprio con con chi ha il diabete. Per questo è importante capire che questa malattia non è una teoria, ma è una realtà con cui convivere quotidianamente.
Anche da semplici esperienze personali, ci si accorge che gran parte della opinione pubblica è all’oscuro del problema diabete, oppure le informazioni disponibili sono confuse, spesso sbagliate, in parte a causa di un giornalismo incompleto e poco chiaro. Ci sono ancora tanti pregiudizi infondati, e soprattutto è ancora troppa l’ignoranza su questo tema. Le cause, la prevenzione, le cure, i bisogni e le possibilità, sono questioni sconosciute alla stragrande maggioranza delle persone.
Da queste considerazioni si capisce che è necessario intervenire, fare qualcosa per cambiare gli scenari presentati. Bisogna agire per facilitare il contatto fra le persone con diabete e gli operatori del loro stesso campo, creare le condizioni per un canale di comunicazione. Ed è prioritario diffondere una cultura generale sul diabete che raggiunga tutta la popolazione. Con questo approccio innovativo e coordinato gli sforzi saranno veramente efficaci, con benefici per le stesse persone con diabete e per tutta la società. I “diabetici” non sono solo numeri o statistiche: dietro al diabete ci sono “persone” in carne ed ossa, che vivono normalmente, ma che hanno necessità precise e vitali. Questa situazione diventa d’importanza cruciale soprattutto per alcune categorie demografiche, come i giovani e gli adolescenti. Tanti diversi fattori concorrono a rendere ancor più complicata la vita dei ragazzi col diabete: per questo servono interventi mirati, per riuscire a garantire un reale benessere fisico ed emotivo, anche alle generazioni future.
Un’importante ditta produttrice di insulina quale Novo Nordisk ha dato una risposta positiva a questi problemi come aveva già fatto in altre occasioni. L’azienda ha deciso di far conoscere ai suoi stessi dipendenti un ragazzo con diabete, mandato a presentarsi e raccontarsi, tramite un confronto diretto. Dopo essere stato contattato ed informato del progetto, ho accettato volentieri di portare la mia esperienza nelle principali sedi di Novo Nordisk del nord Europa. A settembre 2007 sono partito per la Scandinavia, ed in pochi giorni ho incontrato gli impiegati ed i dirigenti in Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia. Poco dopo, nell’ottobre successivo, un altro viaggio mi ha portato nella sede aziendale in Inghilterra. Durante queste visite ho raccontato la mia storia col diabete, la mia reazione all’esordio, la voglia di fare nel campo sportivo, le difficoltà di tutti i giorni, ma anche le soddisfazioni e la normalità della mia vita di giovane, lo studio, la famiglia, gli affetti. Ed ho capito l’importanza di tutto ciò nell’osservare l’interesse delle persone che mi ascoltavano. A volte ho notato stupore, ed ho ricevuto molte domande d’approfondimento. Sono stati momenti formativi anche per me, in quanto ho raccolto conoscenze ed informazioni che prima non avevo: infatti anche i dipendenti volevano farsi conoscere, dire la loro idea, rendermi partecipe della loro attività lavorativa, avvertendo un’atmosfera di accoglienza e gentilezza. Molti mi hanno confessato che quella era la loro prima occasione d’incontro diretto con una persona con diabete, e di aver trovato ispirazione dal mio entusiasmo, e dalla mia risposta positiva alla patologia. Questo è molto significativo, perché vuol dire che la prossima volta che nel loro lavoro parleranno di diabete, forse penseranno anche ad una persona reale, esempio di tantissime altre persone che sognano una vita normale. Non solo: sapranno che chi ha il diabete può superare qualsiasi limite, raggiungere qualsiasi meta, sconfiggendo i pregiudizi che esistono ancora.
Per individuare e capire i bisogni delle persone con diabete, e per mettere a disposizione nuovi strumenti di confronto fra gli operatori del diabete, le istituzioni ed i pazienti stessi, è nato un importante progetto: lo studio internazionale DAWN. All’interno di esso, per meglio focalizzare gli interventi e le azioni necessarie a migliorare il benessere dei più giovani, si è resa necessaria la creazione di un ramo specifico, il DAWN Youth. Io ho l’onore di partecipare a questo progetto, assieme ad autorevoli personalità nel campo del diabete: l’Italia ha deciso di aderire tramite il Ministero della Salute. Un primo passo verso il dialogo e la comunicazione con i diretti interessati, è stata la scelta di un gruppo di ragazzi e ragazze con diabete provenienti da diverse nazioni. Il gruppo “ambasciatori” dei giovani con diabete è stato convocato alla riunione del DAWN Youth a Berlino, nel settembre 2007, in occasione del congresso internazionale di pediatria dell’ISPAD. Io vi ho partecipato come rappresentante nella delegazione italiana, prendendo parte a tutte le attività ed i lavori del progetto, proponendo la mia esperienza e le mie idee, curando l’aspetto comunicazionale tramite una una video-intervista. Il nostro compito di DAWN Youth Ambassadors era proprio quello di testimoniare e rappresentare i nostri coetanei, e suggerire nuove idee dal basso all’interno del gruppo di esperti internazionali, in modo spontaneo ed originale, partendo proprio dalla nostra convivenza col diabete.
Saper trasmettere e comunicare agli altri le proprie esperienze e le proprie emozioni è fondamentale per dare significato ai propri sforzi. Per questo ho raccontato in un articolo le mie avventure di sport e diabete, in particolare con la bicicletta. Le spedizioni ciclistiche, le sfide personali, i traguardi raggiunti. Le storie di alcuni atleti diabetici sono state raccolte e pubblicate nel libro “Diabete – Uniti nello sport” realizzato per l’Unicef, con l’inedita collaborazione di Novo Nordisk, e presentato ad ottobre 2007 a Roma, nell’anno dedicato al diabete nel bambino e nell’adolescente. Il prestigioso progetto del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia era mirato proprio alla diffusione fra i più giovani della cultura dell’attività fisica e degli stili di vita salutari, portando le figure di alcuni sportivi con diabete come esempio positivo per tutti, e dimostrando che non ci sono ostacoli anche al raggiungimento dei propri sogni ed obiettivi sportivi. Lo scopo benefico del libro era la raccolta di fondi per la costruzione di un ricovero per i bambini di strada del Congo, i piccoli Shegué.
Dare al diabete un punto di vista nuovo, e curare la formazione di un gruppo di giovani che sappia dedicarsi attivamente nel campo del diabete, che sia in grado di relazionarsi anche con le istituzioni e con i mezzi di comunicazione: di solito del diabete parlano solo i dottori, le persone influenti e gli esperti, ma perché non far interagire i diretti interessati? È questa la felice intuizione di Novo Nordisk. Da questa idea nasce il progetto dell’International Youth Panel: raggruppare e coordinare giovani con diabete che sappiano esporre le proprie idee al mondo esterno. Questa esperienza internazionale coinvolge circa 15 ragazzi provenienti da diverse nazioni, e nel gruppo io rappresento l’Italia. L’incontro annuale dello Youth Panel si è svolto a New York City: l’occasione era la celebrazione della Giornata Mondiale del Diabete il 14 di novembre 2007, per la prima volta ufficialmente riconosciuta dall’ONU. Noi “panellists” abbiamo preso parte alle molte attività in programma, come ad esempio i momenti formativi, con particolare attenzione agli aggiornamenti sulla pandemia mondiale del diabete, ed abbiamo fatto lavori di gruppo, come quello riguardante il progetto DAWN Youth. Il nostro ruolo a New York era anche quello di collaborare ai preparativi per la Giornata Mondiale del Diabete, e di diffonderne i messaggi. Un corso di comunicazione con i media ci ha preparati ad affrontare le varie interviste che ci sono state richieste. Successivamente noi stessi ci siamo improvvisati intervistatori, girando per le strade della metropoli e chiedendo ai passanti la loro visione del diabete, realizzando un filmato interessante, uno spaccato della società sul problema diabete.
Noi ragazzi dello Youth Panel eravamo presenti al “villaggio del diabete” allestito in Union Square, attorno al bus itinerante del Changing Diabetes: sono stati accolti ed informati migliaia di passanti in poche ore. Nelle tende adiacenti al bus si sono alternati momenti ricreativi anche per i più piccoli, screening metabolici, ed attività formative sugli stili di vita salutari. Una camminata simbolica con partenza dalla sede dell’ONU, il Palazzo di Vetro, ha rappresentato i 246 milioni di persone con diabete nel mondo: diverse centinaia di persone comuni hanno passeggiato per Manhattan, tutti insieme per il diabete. La notte del 14 novembre l’Empire State Building è stato illuminato di blu, il colore del diabete e della risoluzione ONU, attirando l’attenzione e lo stupore di tutta la grande città.
Credo che l’emozione maggiore sia stata proprio la festa organizzata nel Palazzo di Vetro, dove l’anno precedente l’Assemblea Generale approvava la risoluzione delle Nazioni Unite sul diabete: era il 20 dicembre 2006. Questo testo è un traguardo fondamentale, che ha sicuramente segnato una tappa importante nella storia del diabete, ma è anche un nuovo punto di partenza per il futuro, perché ha permesso di prendere coscienza del grave problema di questa patologia, che prende sempre più la forma di una pandemia mondiale, con serie conseguenze in tutte le società. Soprattutto nei paesi più poveri le implicazioni del diabete sono drammatiche: essi vanno assolutamente aiutati e raggiunti dalle cure indispensabili. Bisogna raccogliere gli sforzi dei paesi benestanti che dispongono delle cure più sofisticate e costose, per diminuire lo squilibrio e fermare questa tragedia imponente e silenziosa che uccide una persona ogni dieci secondi per cause correlate al diabete. Nel 2007 a New York lo Youth Panel si è impegnato nel comunicare il grande risultato ottenuto proprio con la risoluzione ONU 61/225, e nel cercare di creare una consapevolezza generalizzata sul diabete. Sono stati supportati progetti di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, di comunicazione corretta con i media, di testimonianza delle proprie esperienze personali, di confronto ed approfondimento fra i singoli partecipanti sulle dinamiche internazionali. La speranza è di creare una base di persone che in futuro possano fare la loro parte per cambiare il diabete.
In Italia è nato un progetto analogo, adattato alla realtà nazionale e fortemente voluto da persone come Federico Serra ed Aurora Ketmaier: l’Italian Youth Panel, supportato da Novo Nordisk e JDRF, insieme ad un board di validi esperti. Sono già state svolte diverse attività e corsi formativi, con un incontro anche in occasione della Giornata Mondiale del Diabete a novembre. Quindi dal 2007 anche in Italia un gruppo di giovani italiani lavora assieme al progetto internazionale, per meglio definire e raggiungere gli obiettivi comuni.
Questa mia relazione è solo un esempio di quello che si sta facendo, tuttavia dovrebbe essere sufficiente per dimostrare che lo scenario mondiale del diabete sta acquisendo nuovi orizzonti e nuove mete. C’è ancora molta strada da percorrere, serve l’impegno di tutti. Ma qualcosa sta già cambiando: se lo vogliamo il futuro del diabete potrà essere nuovo e migliore per ogni persona nel mondo.
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